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Cosa succederà se dovessero eruttare i Campi Flegrei?





L’attività sismica dei Campi Flegrei allarma gli scienziati da anni. L‘Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV) monitora in tempo reale la situazione nell’area e mensilmente pubblica un bollettino di sorveglianza per tenere aggiornata anche la popolazione.

Solo nel mese di maggio 2023 si sono registrati 661 terremoti, tutti molto deboli: quasi il 47% non viene percepito in superficie perché ha magnitudo inferiore allo zero, mentre un solo evento (0,15%) ha avuto magnitudo maggiore di 3. Gli ultimi due terremoti risalgono all’11 giugno: il primo è stato a Pisciarelli (magnitudo 1.6),il secondo a Pozzuoli (magnitudo 3.3).

Tutti ci chiediamo quando potrebbe verificarsi la prossima eruzione e quali saranno le sue conseguenze. Purtroppo la scienza non può rispondere a questa domanda: le caldere sono quiescenti da millenni ed è difficile prevedere la loro attività. Sappiamo che che le eruzioni vulcaniche possono essere precedute da terremoti, deformazioni del suolo e fumarole, ma tra questi fenomeni e l’evento eruttivo potrebbero passare giorni, mesi oppure anni. Sorvegliando l’attività vulcanica è possibile studiare queste ‘avvisaglie’, monitorarle ed evacuare per tempo il territorio interessato.

L'evacuazione dei Campi Flegrei per tempo in caso di eruzione preoccupa, perché vi si trovano Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e parte della città di Napoli. Questi comuni si trovano all’interno della caldera formatasi a causa di due eruzioni che hanno dato origine, insieme ad altri fenomeni di minor portata, all‘attuale conformazione geologica: quella dell’Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano.


La prima, 39.000 anni fa, fu un’eruzione freatomagmatica: il magma, risalendo verso la superficie della crosta terrestre, ha incontrato l’acqua e l’ha trasformata istantaneamente in vapore, producendo un aumento della pressione all’interno della camera magmatica e un’esplosione più forte. L’esplosione fece sollevare una colonna di fumo il cui collasso originò correnti piroclastiche (insieme di gas magmatici, vapore e particelle solide) che si estesero fino a 80 km lontano dal centro eruttivo. Le rocce sovrastanti sprofondarono creando l’enorme depressione che i geologi chiamano caldera, dal diametro di circa130 chilometri quadrati.

Oggi i Campi Flegrei sono una grande caldera interessata da più di 4000 fenomeni sismici all’anno e che può eruttare da un momento all’altro. Al termine dell’Ignimbrite Campana i due terzi della regione erano ricoperti da uno strato di tufo spesso circa a 100 metri, parte del quale è stata utilizzato per le abitazioni. La stessa Napoli sotterranea è scavata nella roccia.

La dinamica dell’eruzione del Tufo Giallo Napoletano, 15.000 anni fa, fu simile ma si formò una seconda caldera invasa dal mare che oggi comprende parte del Golfo di Pozzuoli. l’ultima eruzione vulcanica nei Campi Flegrei è stata nel 1538, ma l’attività sismica non si è mai fermata e nel corso degli anni si sono formati nuovi centri di eruzione e terre emerse.

Dagli anni 50 del ‘900 si verifica il bradisismo, l'alternanza di lunghi periodi in cui il suolo si abbassa lentamente e poi si innalza, dal 2005 fino ad adesso c'è una fase di sollevamento che ha raggiunto i 97 centimetri. Secondo gli studiosi questo fenomeno ha provocato un indebolimento della crosta terrestre e si stanno chiedendo se questo potrebbe provocare un'eruzione nel prossimo futuro: si sa che al di sotto della caldera, a circa 3 chilometri di profondità, si muovono fluidi costituiti da gas e magma, ma non c'è nessuna prova di un'imminente eruzione.

Quello che l’Ingv può fare, per ora, è continuare a studiare l’attività sismica e vulcanologica di questa zona, nella speranza che negli anni a venire la tecnologia ci permetta di studiare più a fondo terremoti ed eruzioni vulcaniche e ci consenta di prevedere con anticipo fenomeni pericolosi proprio come quello cui è soggetto un territorio così geologicamente particolare come i Campi Flegrei.

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